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Pietra di Prun, come si cavava

Località:

Prun

Architettura:

Architettura popolare

Geologia:

rocce e fossili

cavatori del XX secolo

I cavatori da sempre hanno dato un nome dialettale agli strati di lastame della “pietra di Prun” in base alle qualità buone o cattive della pietra (Mejon, Mejonsel, Gentil, Pelosa, Marzeto), al colore (Biancon, Rosson, Stelar rosso, Stelar bianco, Loa bianca, Lastra grisa, ecc.), allo spessore (Lastina, Lastra doppia grossa o sottile), all’uso prevalente (Seciar, Lastra da coerti), alla loro posizione (Meseta de banco, Pelosa de fondo, Grondin de la sotomeseta). Grondin de la sotomeseta è lo strato più sottile di 2,5-3 cm., mentre Mejon de simo è lo strato più spesso che raggiunge i 25-30 cm, ma normalmente le lastre arrivano a 20 cm. La “pietra di Prun” possiede una buona resistenza alla compressione che si aggira sugli 830 kg/cmq. La buona resistenza al gelo e agli agenti atmosferici ne ha consigliato l’uso sin dai tempi più remoti.

architettura della pietra di Prun

Sin dall’Età del Ferro la pietra di Prun viene utilizzata nella costruzione dei castellieri sulle dorsali lessiniche: i muri di cinta dei villaggi, i muri perimetrali, i pavimenti ed i tetti delle capanne, tutto era costruito in lastre. Tale uso continua in seguito negli edifici civili della media ed alta Lessinia. Nelle cave in galleria di lastame, gli strati utilizzati in certi casi arrivano fino a 72. Un fine strato millimetrico di materiale argilloso determina la divisione e lo stacco naturale tra un corso e l’altro ognuno con il proprio nome dovuto alle specifiche caratteristiche d’uso per qualità fisiche e cromatiche. L’escavazione della “pietra di Prun” veniva effettuata in passato con l’apertura di gallerie sui fianchi dei rilievi ove è presente la Scaglia Rossa Veneta. Dopo aver asportato manualmente gli strati poco consistenti e non idonei che stavano in alto, si procedeva all’estrazione delle lastre partendo dall’alto verso il basso, mediante dei cunei e delle leve in ferro, impiantati con mazze nei giunti di stratificazione. Man mano che il fronte di cava si approfondiva, nelle gallerie venivano lasciati dei pilastri naturali a sostegno delle volte. Ogni tanto si potevano incontrare dei fenomeni carsici o delle faglie di tipo compressivo o distensivo, che interrompevano la regolarità della stratificazione del lastame. Le cave di lastame restarono in attività fino agli anni Cinquanta del XX sec., quando per il pericolo di crolli, fu vietata la coltivazione in galleria e si passò alla coltivazione a cielo aperto, in particolare nella zona di Sant’Anna d’Alfaedo-Fosse.

Pietra di Prun impiegata a Molina

Caratteristiche principali

Altri aspetti caratterizzanti

Fonti: